La guardia Paolo De Santis

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    Ancora una volta, grazie alla segnalazione di Flavio Dalla Libera , la rivista "Crimen" si rivela uno strumento insostituibile per la scoperta di un nostro Caduto che fino a oggi non risultava censito in nessun database e in nessun sacrario: un "fantasma" che sarebbe probabilmente destinato a restare tale, nonostante all'epoca di inchiostro ne avesse fatto versare, se non altro per le circostanze apparentemente misteriose che riguardarono il suo assassinio.
    Giuliano Caprioli, l'autore dell'articolo - pubblicato sulla rivista numero 34 del 27 agosto 1947 - ci descrive una Roma calda e appiccicosa come dovevano essere quei tempi tormentati, dove a fare bene il proprio lavoro correvi il rischio di lasciarci la pelle per mano di chi magari avevi arrestato tanto tempo prima e di cui ti eri perfino dimenticato.
    Vendette, tradimenti e rancori resi ancora più violenti da una guerra che aveva messo gli italiani con le spalle al muro.
    Seguiamo il cronista in questa triste storia, della quale non conosciamo nemmeno l'epilogo giudiziario.


    DE_SANTIS_Paolo



    L'ASSASSINIO DELL'AGENTE DE SANTIS


    Sono da poco passate le 23 e a Roma via Tembien, che è una strada periferica, è deserta. Ogni tanto passa un'auto, un saettar di vivida luce e di nuovo il silenzio a volte rotto dal frinire delle cicale. Non trascorrono cinque minuti che una nuova auto appare ancora saettar di vivida luce e silenzio. Qualcuno potrebbe anche credere che la vita notturna in quel punto vada avanti così fino al mattino. Ma ecco, netta, precisa la smentita: un colpo di rivoltella rintrona secco e le cicale smettono di botto di cantare.
    Dal colpo alle prime voci che si levano nell'oscurità passano soltanto alcuni minuti. Sono voci di un uomo e una donna. La donna dice: "E' stato commesso un delitto là, dietro quel muretto! Correte, forse è ancora vivo. Mamma mia, adesso sono davvero nei pasticci!". E l'uomo: "Si calmi, signora. Ho sentito il colpo. Vado io a vedere: lei non si muova...".
    A rapidi passi il casellante, poiché si tratta di un guardiano del cantiere Sciaccaluga - Mezzacane, si dirige verso il luogo indicato e ha appena il tempo di vedere due ombre dileguarsi sul lato sinistro della strada. E' sul punto di dare una voce, ma le sue parole gli si bloccano in gola alla vista di un uomo disteso vicino a un muretto e ripiegato su di un fianco. Da sotto il corpo dell'ucciso si allarga di secondo in secondo una macchia scura. Non c'è altro da fare che chiamare la polizia.
    Agenti e funzionari arrivano poco dopo. In quel tratto la strada è buia, ma i potenti fari di due macchine illuminano il cadavere. L'uomo viene rivoltato ed appare con gli occhi aperti e la bocca socchiusa, imbrattata di terra. Il volto che è quello di un ragazzo sui venticinque anni manifesta una grande sorpresa, come di chi colpito all'improvviso e all'insaputa. Infatti egli risulta ferito alla spalla sinistra da una pallottola che deve aver provocato all'interno un'emorragia polmonare. Dunque, una morte quasi istantanea, dicono alcuni nuovi arrivati. Altri frugano nelle tasche del morto, il quale viene riconosciuto per l'agente di P.S. Paolo De Santis, di anni 27, del V° Nucleo.
    A tale riconoscimento funzionari e agenti stringono le labbra. Non è affare da poco: un poliziotto è stato ucciso a tradimento, colpito alle spalle in maniera vile. In delitto da non restare impunito. Per un momento nessuno parla, gli uomini in gruppo stanno attorno al cadavere ormai arrossato di sangue e illuminato dalla luce fredda dei fari delle macchine. Bisogna pur fare qualcosa, ma il silenzio della notte è profondo e sembra che nessuno abbia il coraggio di romperlo. Di lontano s'ode il fischio di un treno che s'allontana verso la campagna.
    Poi s'azzardano le prime parole. Un agente dice: "E' proprio lui: lo conoscevo, eravamo amici. Ragazzo in gamba! Quei farabutti non gli hanno nemmeno dato il tempo di difendersi... Ma come mai si trovava da queste parti!"
    La storia ricalca a meraviglia la sequenza di quei film americani a sfondo giallo, nei quali un giovane agente viene ucciso dei compagni sono attorno a lui, in silenzio e stringono le labbra. Non possono fare altro che stare zitti, in gruppo, prima che l'incanto venga spezzato dalla voce metallica dell'ispettore il quale dice: "Svegli, ragazzi! Non ci debbono scappare! Questo è per noi un impegno d'onore!"
    Il guardiano subito interrogato afferma di essere stato avvertito da una donna la quale si è immediatamente allontanata verso il fondo della strada. Non è trascorsa un'ora che la donna viene rintracciata ed identificata: si chiama Giuseppina Fraschetti in Taddei di anni 33.
    La Fraschetti, interrogata, fornisce la seguente versione. "Conoscevo il De Santis da qualche tempo e avevo per lui della simpatia. Verso le sette di questa sera sono uscita di casa insieme a mia sorella, abbiamo fatto delle spese, poi sola mi sono recata all'appuntamento, da Paolo. Abbiamo trascorso un paio d'ore a passeggiare. Più tardi ci siamo lentamente incamminati verso via Tembien, ed egli in un punto scuro ha incominciato a farsi ardito. Io non volevo, ma non ho avuto nemmeno il tempo di protestare che un colpo è risuonato dietro a un muretto a noi di fronte. Ho subito pensato a qualcosa di vetro caduto dall'alto ed istintivamente mi sono stratta a Paolo, l'ho visto spalancare gli occhi, aprire la bocca e cadere a terra come un masso. Per qualche secondo non ho avuto la forza di muovermi, alla fine ho incominciato a correre e dopo pochi metri mi sono imbattuto in un uomo al quale ho raccontato il fatto. Subito dopo sono fuggita. Non ho trovato il coraggio di rimanere in quel luogo per il terrore di fare la fine di Paolo".
    Versione poco attendibile che fa scuotere la testa al funzionario che ha incominciato a occuparsi del caso. Un agente di polizia non viene ucciso per giuoco, senza nessuna ragione. Le indagini hanno inizio la sera stessa del delitto, domenica 17. Venne per prima chiamata la sorella della Fraschetti la quale fornisce una versione che per certi punti fortemente contrasta con quella della fermata. Poi sorge all'improvviso l'interrogativo. L'agente De Santis si era recato dalla Fraschetti per ragioni inerenti al suo servizio oppure il suo era un semplice convegno amoroso? La polizia è per la prima ipotesi in quanto a conoscenza dello spirito d'iniziativa e di coraggio che distingueva il giovane investigatore nelle indagini. Allora! Si tratta forse di una vendetta della malavita? Qual era la pista che seguiva ultimamente il De Santis?
    Il dott. Fini del commissariato dal quale dipendeva l'agente riferisce al capo della Mobile che ha incominciato ad occuparsi della faccenda una lunga storia nella quale figurano due delinquenti da tempo arrestati per omicidio. A quell'operazione prese parte il De Santis che in particolare modo si distinse per l'intelligenza di sue particolari indagini. La storia è abbastanza complicata, ma noi cercheremo di riportarla nella maniera più chiara.

    Alcuni mesi fa nelle vicinanze di Nola fu rinvenuto nascosto in un cespuglio fiancheggiante un sentiero fuori mano il cadavere di un uomo dalla apparente età di 35 anni, discretamente vestito, colpito alla testa da un proiettile sparato quasi a bruciapelo da una rivoltella automatica calibro 7,65. I carabinieri del luogo, avvertiti dopo tre giorni, iniziarono le indagini tendenti al riconoscimento dell'ucciso. Soltanto dopo qualche giorno fu possibile accertare la sua identità: Augusto Sorrentino di anni 32, napoletano, di professione autista.
    Mentre le indagini dei carabinieri continuavano si verificò a Roma, precisamente in via Nomentana, una rapina ai danni della signora Spada abitante in un ben arredato appartamento. Due malviventi, qualificatisi per agenti di P.S., bussarono alla porta della signora con il pretesto di compiere un accertamento. Una volta nell'interno, i due, estratte le armi, si gettarono sulla Spada e la imbavagliarono. Quindi con calma asportarono dall'appartamento tappeti, argenteria, biancheria e gioielli, il tutto per qualche milione di lire. La signora Spada denunciò il fatto al commissariato di Porta Pia e le indagini ebbero inizio. Fu facile accertare che i malviventi si erano portati in via Nomentana a bordo di un'auto Fiat del tipo 1100 colore nero. Il portiere dello stabile, interrogato, disse di non aver visto nessuno e cadde più di una volta in contraddizione. Affermò poi che i due dalla parlata gli erano apparsi settentrionali mentre altri testimoni - e per prima la Spada - dissero che i rapinatori avevano una parlata meridionale. Questo indusse la polizia a restringere il campo delle sue ricerche intorno al Taddei e alla di lui moglie Giuseppina Fraschetti. Furono sempre interrogati separatamente ed alla fine dopo estenuanti interrogatori il Taddei confessò la sua partecipazione al grave fatto facendo in pari tempo il nome dei rapinatori: Antonio Basileo di anni 31 e Umberto Minnucci di anni 26, entrambi di Nola. Da notare che la moglie del portiere Taddei, la Fraschetti, si mantenne sempre sulla negativa, non ammettendo i fatti che la polizia tentava addebitarle. Fu lasciata andare perché il funzionario non trovò precisi capi d'accusa per trarla in arresto.
    Non rimaneva così che catturare i due delinquenti. Rapidamente la polizia si recò nei pressi di Nola e dopo qualche appostamento riuscì a trarre in arresto il Basileo e il Minnucci i quali vennero trovati in possesso di una pistola automatica del calibro 7,65 mancante di un colpo. Gli arrestati non seppero dare una spiegazione convincente sull'arma in loro possesso e soltanto dopo qualche giorno l'agente De Santis che aveva partecipato all'azione incominciò a indagare a fiondo su un'eventuale responsabilità dei due sull'uccisione dell'autista Augusto Sorrentino avvenuta qualche mese addietro nelle vicinanze di Nola. Una perizia balistica accertò che la morte dell'autista fu provocata da un proiettile uscito dalla pistola sequestrata al Basileo e al Minnucci. I due furono a lungo interrogati ed è chiaro che il delitto fu compiuto con fredda predeterminazione al fine di prendere possesso della millecento del povero autista. A domanda del funzionario il quale cercava di ricostruire con esattezza i fatti, il Basileo rispose con cinismo cercando di allontanare i sospetti della polizia. Ma il suo compagno ammise in parte i fatti, affermando ad un certo punto che la macchina serviva assolutamente per arrivare fino a Roma e compiere così la rapina ai danni della signora Spada con la complicità del portiere Taddei.
    Questi i fatti accaduti poche settimane fa. La sera di domenica 17 viene rinvenuto vicino a un muretto di via Tembien il cadavere dell'agente Paolo De Santis il quale attivamente collaborò alle indagini che portarono all'arresto del Basileo e del Minnucci. Il De Santis al momento in cui fu ucciso a tradimento era in compagnia di Giuseppina Fraschetti, moglie di quel Taddei arrestato per complicità nella rapina ai danni della signora Spada.

    basileominnucci

    Le indagini che dovranno condurre alla cattura degli uccisori dell'agente Paolo De Santis vengono condotte con la massima energia dal nuovo capo della Squadra Mobile, dott. De Stefano. E' chiaro che l'investigatore è stato ucciso per vendetta. La Fraschetti, interrogata per quattro giorni, ammette soltanto ciò che le torna utile e nega gli addebiti che scaturiscono dalle contestazioni. Ha un contegno calmo e a volte quasi provocatorio. Dice di essersi accompagnata con la sorella per oltre due ore prima di recarsi all'appuntamento col De Santis. La sorella e la madre della Fraschetti affermano invece che essa uscì sola, circa mezz'ora prima della sorella.
    A quale punto arriva la responsabilità della donna nel delitto? Fu ella a tendere l'imboscata al coraggioso agente per permettere ai due sicari appostati di sparare con precisione e rapidità. Dunque per eliminarlo bisognava assolutamente distoglierlo, mettergli ai fianchi una donna la quale con le sue arti amorose (la Fraschetti è una giovane e affascinante ragazza) lo conducesse una sera in un posto appartato, deserto. Oppure la donna è del tutto estranea alla faccenda e il marito geloso dal carcere ha mandato due sicari a uccidere l'amante?
    La polizia è per la prima ipotesi, cioè per la diretta responsabilità della Fraschetti nel delitto. Qualcuno ha voluto vendicare la mala sorte toccata al Basileo, al Minnucci e al Taddei e ha fatto fuoco contro un uomo mentre questi gli voltava le spalle. La malavita è fatta così: non reagisce subito al colpo, ma cova l'odio finché viene il momento giusto per agire. Uno vendica l'altro nella speranza di essere un giorno vendicato a sua volta. E tutti sono legati fra loro da una stretta fra massoneria.
     
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