Terrazzano, 10 ottobre 1956

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    La storia è sicuramente conosciuta, anche perchè gli eventi furono immortalati e videoregistrati dalla "Settimana INCOM", prima forma di cinegiornale della neonata RAI. Li ripercorriamo brevemente.

    Terrazzano è un paese-satellite alle porte di Rho, nel Milanese. All'epoca, un agglomerato di case in mezzo ai campi, con un'economia ancora prevalentemente rurale e in cui tutti conoscono tutti. C'è anche una scuola elementare, frequentata dai bambini, numerosi come si confaceva alle famiglie di quell'epoca.

    E' qui che la mattina del 10 ottobre 1956, ad anno scolastico iniziato da poco, fanno irruzione due fratelli: sono Egidio e Arturo Santato, due personaggi da manicomio, nel senso letterale della parola. Nel "buco nero" in cui sono precipitati decidono di prendere in ostaggio nientemeno che tutta la scuola: 92 creature e 3 maestre (fatta la media per ciascuna classe?...). Sono armati, di sicuro hanno una pistola e alcuni coltelli, ma anche - dicono - esplosivo e acido muriatico. Dei due, è Arturo l'elemento trascinatore; il fratello, persona debole e succube, lo asseconda in quello che doveva essere un piano per far soldi. Chiedono infatti 200 milioni di lire e una macchina veloce per andare via. Si affacciano a più riprese alla finestra, prima con le tre maestre sotto tiro della pistola, poi con una di esse che tiene in mano un cappio, poi con alcune bambine che vengono minacciate con l'acido. Dicono di avere 4 chili di tritolo, dicono che faranno una strage...

    Come logicamente accade, scatta l'allarme e sul posto convergono in forze Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco e praticamente tutto il paese, con i genitori dei bambini tenuti a debita distanza, ma che impongono una pressione psicologica straordinaria. Le foto dell'epoca ci mostrano la scuola circondata da centinaia di uomini, tra i quali anche molti "volontari", uomini di buona volontà accorsi lì per "dare una mano", come non è dato sapere....

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    I militari del Reparto Celere di Milano hanno circondato la scuola (credits: archivio ICharta)



    Come non è dato sapere chi tra le forze di Polizia prende in mano la gestione della situazione: funzionari di questura? Ufficiali dei Carabinieri? Non si sa. L'unica certezza che si ricava sia dalle foto, sia dall'audio del cinegiornale è la frenetica confusione su chi deve fare cosa: ognuno dice la sua, ognuno ha un "piano infallibile" ma nessuno coordina la forza pubblica presente. O almeno così traspare.

    Intanto le ore passano e la tensione sale.

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    Le fasi immediatamente successive alla liberazione degli ostaggi: i due squilibrati sono a stento sottratti al linciaggio (credits: Corriere della Sera)



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    La veduta dell'ingresso della scuola. Addossate al muro si vedono le scale usate per accedere all'aula (credits: archivio ICharta)



    Tra i tanti presenti sul posto c'è anche un nome importante. Si chiama Tommaso Ponzi, meglio noto con il nome americanizzato di "Tom". E' un personaggio che la storia e la biografia tratteggiano quantomeno come ambiguo. Originario di Pola, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana diventando funzionario prefettizio ma venendo epurato da questa carica per motivi mai ufficialmente chiariti. Nell'immediato dopoguerra fonda un'agenzia privata di investigazioni che, grazie ad amicizie importanti e alla sua spiccata abilità nel "rimestare nel torbido", balza presto agli onori delle cronache: il suo primo incarico fu commissionato da Vittorio Valletta, A.D. della FIAT, per il recupero crediti dei clienti insolventi. Ma il suo cavallo di battaglia restano gli accertamenti "pruriginosi" nella sfera privata di molti illustri personaggi: grazie alla sua abilità, ma anche alla sua spregiudicatezza, Tommaso "Tom" Ponzi si ricava subito il suo posto al sole.

    Perchè il 10 ottobre 1956 Ponzi sia a Terrazzano è di facile intuizione: quale migliore occasione per dimostrare a tutta Italia (e probabilmente al mondo intero) di cosa lui sia capace? La liberazione di un'intera scuola, magari con la cattura dei due pazzoidi sarebbe stata un biglietto da visita di sicura efficacia da spendere per poter accedere a investigazioni di qualsiasi livello. Manca solo il piano giusto, che va però attuato subito, magari con la pubblicità più ridondante.

    Sul posto c'è anche un giovane molto intraprendente. Si chiama Sante Zennaro, un operaio originario del Polesine, ex bersagliere nella seconda guerra mondiale. Non si sa se Ponzi e Zennaro si conoscono già, o se invece il loro incontro è stato casuale: anche su questo aspetto il detective non fece mai chiarezza. Probabilmente Zennaro si offre come intermediario sapendo che anche i fratelli Santato sono paesani suoi. Sta di fatto che la coppia congegna un piano per entrare nella scuola e catturare i sequestratori.

    Un piano.

    Crediamo che anche i lettori più superficiali abbiano già notato un primo grosso "gap" in questa storia. C'è lì mezza Polizia del milanese, perchè non lasciano fare a loro? Sull'argomento Ponzi dirà di avere litigato aspramente con i funzionari a causa della loro indecisione nell'intervenire; e dirà di avere litigato anche dopo il tragico epilogo della vicenda, quando a suo dire cercarono di modificare la scena del crimine. Si parlò anche di alterazione delle prove. Ma il dubbio resta: chi ha autorizzato - ammesso che tale autorizzazione ci sia mai stata - Ponzi a intervenire?

    Sta di fatto che nelle prime ore del pomeriggio di quel giorno una scala viene frettolosamente accostata alla finestra del primo piano della scuola, lasciata aperta. Un uomo, Sante Zennaro, disarmato, sale rapidamente subito seguito da Ponzi. Entrambi fanno irruzione nella classe, riuscendo a disarmare i due fratelli Santato senza alcun danno per gli ostaggi. Un'operazione perfetta.

    Ma anche in questo caso il lettore più distratto non potrà fare a mano di eccepire un particolare: di sicuro questa irruzione sarà stata concordata e della stessa sarà stato dato avviso ai poliziotti.... Invece, a quanto pare no. Sul corridoio del primo piano sono appostati agenti della Squadra Mobile, pronti a fare a loro volta irruzione. A quanto pare, nessuno dal piano di sotto li ha avvisati che due uomini sono a loro volta entrati dalla finestra; anche l'inevitabile e improvviso trambusto che deve essere accaduto nelle fasi di disarmo e neutralizzazione dei due esaltati non deve avere detto niente a quelli della "speciale", che a loro volta non chiedono delucidazioni a nessuno dei colleghi. Insomma, tutti sanno che due uomini sono entrati dalla finestra, tutti tranne chi davvero avrebbe dovuto saperlo.

    E naturalmente accade ciò che non deve accadere. Ponzi e Zennaro liberano la porta dell'aula, che era stata bloccata dall'interno con banchi e cattedra. Il primo ad affacciarsi in corridoio è proprio Zennaro. Dicono - ma la cosa non fu mai ufficialmente provata - che in mano avesse la pistola sottratta a uno dei Santato. Le guardie, stanche e con i nervi a fior di pelle, vedono un uomo armato che esce dall'aula, non ci pensano due volte e lo abbattono a raffiche di mitra. Sante Zennaro muore sul colpo, dopo quella che doveva essere l'operazione perfetta. Gli verrà tributata la Medaglia d'Oro al Valor Civile alla Memoria.

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    Terrazzano, gli eventi si sono conclusi da poco: guardie di p.s. accedono all'aula attraverso la scala usata poco prima da Zennaro (credits: archivio ICharta)



    Le polemiche e gli strascichi giudiziari che accompagnarono la morte di Zennaro non sono stati mai in grado di fare piena luce sulla reale dinamica dei fatti, dai quali emerge un assoluto pressappochismo ed altrettanta impreparazione da parte delle forze di polizia. Oggi siamo abituati alla gestione "scientifica" degli eventi ad alta criticità; c'è la figura del negoziatore; ci sono squadre specializzate nella neutralizzazione del problema; ci sono procedure codificate e un interscambio di informazioni che avviene in tempo reale. All'epoca c'erano forze di polizia poco più che scolarizzate, appena al di sopra della soglia di analfabetismo, con agenti che avevano imparato a leggere e a scrivere addirittura durante il corso di formazione o che - nella migliore delle ipotesi - avevano già la licenza di terza media; tra i funzionari e gli ufficiali non andava meglio: alla cronica ottusità derivante dalle cariche rivestite, si aggiungeva la dicotomia tra funzionari (civili) e ufficiali (militari) del Corpo delle Guardie di P.S., ognuno arroccato sulle proprie posizioni caratterizzate da reciproca impermeabilità; di parlare con gli "omologhi" Carabinieri poi, nemmeno a parlarne! Insomma, sul posto ci sono uffici e reparti diversi, ma pare che nessuno parli con nessuno: quelli del Reparto Celere di Milano circondano l'area, i funzionari della questura cercano di trovare la soluzione operativa al problema, la territoriale tiene a bada la gente. E della presenza della Squadra Mobile pare che nessuno sappia niente. Aggiungiamo poi che quasi tutti gli "operativi" erano reduci di guerra, con l'attitudine prima a sparare e poi a fare domande, e la tempesta perfetta è subito servita.

    A distanza di molti anni risulta ancora difficile cercare di fare chiarezza su quei tragici avvenimenti. Tante, troppe cose continuano a non tornare rendendo ancora più assurda la morte di quel ragazzone venuto dal Polesine per fare l'operaio.

    Edited by POLIZIA NELLA STORIA - 5/3/2024, 17:25
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