Il sostituto commissario Piero Valeriani

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    Credits: Il Resto del Carlino

    Il nome di Piero Valeriani è un nome importante, "di peso", non solo nella Polizia Stradale.

    E' un nome che ai "Centauri" più anziani fa tornare alla mente tantissimi servizi di polizia giudiziaria, ma anche un comandante premuroso verso i suoi uomini, severo quando ciò era necessario, ma sempre obiettivo in tutte le sue decisioni.

    Si tratta di un grande Poliziotto che ha attraversato la storia dell'Italia dal 1966 al 2005, con essa tutte le trasformazioni sociali, politiche, di regolamento: la contestazione del Sessantotto, i moti di Reggio Calabria del 1971, il banditismo sardo, il terrorismo eversivo, l'avvento della criminalità organizzata, la similitarizzazione della Polizia.... Tantissimi tasselli che, messi insieme, compongono un puzzle avvincente che descrive una carriera fatta di sacrifici ma anche di grandi successi.

    Classe 1945, originario di Sefro, in provincia di Macerata, Piero Valeriani si arruola in polizia nel 1966 affascinato come molti altri giovani dalla figura integerrima dell'agente della Polizia Stradale, con la sua moto grigioverde, la sua divisa sempre in ordine, il suo casco e i suoi stivali: una figura iconica di quegli anni, che trasmetteva timorata sicurezza agli automobilisti. Forte del diploma di maturità classica, supera senza problemi le severe selezioni e il concorso, frequentando da allievo-guardia la scuola di Caserta; poi, l'assegnazione a Senigallia, presso la scuola di avviamento basico alla motoconduzione, percorso obbligato per arrivare al tanto agognato corso di specialità presso il CAPS di Cesena. In tutto, tre anni di corso, dai quali esce con lo scudetto col Centauro sulla spalla. Si colloca tra i primi del corso, quindi è ammesso a scegliere la destinazione: Ravenna.

    Di quei tempi duri e al contempo entusiasmati ricorda il numero elevato di operatori assegnati, che permetteva il presidio della strade con parecchie pattuglie, tutte rigorosamente in moto, in qualsiasi stagione e con qualsiasi condizione meteo. Il servizio era alternato tra la pattuglia ordinaria e il pronto impiego per l'infortunistica, un servizio che durava 24 ore e che faceva uscire un veicolo appositamente attrezzato per i rilievi degli incidenti stradali che poi venivano messi in carta da autentici professionisti, fornendo così al tribunale materiale di prim'ordine che per i giudici era autentica Cassazione.

    La moto era un tutt'uno con l'operatore. Quando nel 1969 viene mandato a Bolzano in occasione dei campionati del mondo di sci, ci va in moto, arrivando con una temperatura di 7 gradi sotto zero!

    Tempi duri e pericolosi. Nel 1971 in Sardegna si chiude l'esperienza dei Baschi Blu del 2° Celere, costituiti per combattere il banditismo e l'abigeato. Per volere ministeriale, in Sardegna furono mandati solo gli agenti della Stradale, ben 470 in un'unica soluzione. Il controllo del territorio, fatto di continui posti di blocco, diventa l'arma migliore per contrastare efficacemente un fenomeno criminoso che aveva lasciato a terra morti e feriti, anche tra le stesse Forze dell'Ordine. Poi, i moti di Reggio Calabria, forse uno degli unici momenti in cui i militi della Polizia Stradale vennero impiegati in ordine pubblico accanto ai colleghi dei reparti celeri.

    Nel frattempo Piero Valeriani continua a studiare. Prima per il concorso per brigadiere, poi per quello da maresciallo. In entrambi si colloca ai primi posti e ancora una volta viene ammesso a scegliersi la sede di destinazione: sempre Ravenna. Qui accede ai ruoli apicali, prima di vice comandante e poi di comandante di distaccamento a Cervia e a Faenza, lungo una viabilità tra le più importanti e pericolose soprattutto durante il periodo estivo. Mette su famiglia, sposandosi e diventando papà di una bimba; nel frattempo continua a studiare, stavolta all'università, facoltà di Giurisprudenza.

    Poi, la svolta. Viene trasferito a Bologna dove va a comandare la Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento, forte di 20 addetti, tutti "cani da strada". E i risultati non si fanno attendere. Dopo un primo rodaggio nel contrasto ai furti di autovetture, le indagini arrivano a colpire le importazioni di auto con evasione dell’Iva, quindi le rapine ai caselli autostradali e gli assalti agli autotreni carichi di merce che negli anni Ottanta assunsero dimensioni preoccupanti anche a causa dell'infiltrazione della camorra. Valeriani applica al meglio le moderne tecniche investigative: è il primo a ricorrere ai circuiti di videosorveglianza installati negli Autogrill autostradali, ma la "vecchia scuola" è sempre quella che dà i risultati migliori: grazie all'analisi di migliaia di biglietti autostradali e ad estenuanti appostamenti notturni, con la sua squadra riesce a risalire ai percorsi fatti dai TIR assaltati e quindi a localizzare i magazzini dove venivano alleggeriti del loro carico. Tutto questo frutta oltre 70 ordinanze di custodia cautelare e la disarticolazione del fenomeno criminale.

    Altre grandi operazioni hanno visto la sua squadra impegnata sul fronte dei traffici internazionali, come la trafila fra furti d’auto e acquisto di armi nella ex Jugoslavia, pagate dalla ‘ndrangheta con sacchi di droga.

    Infine, nel 2005 la meritata pensione.

    Oggi, quando gli chiedono come vede la Polizia Stradale, risponde: "Oggi la Polstrada come l’abbiamo concepita e modellata noi non c’è più. Non c’è organico. Pensi solo che la sezione di Ravenna negli anni 70 metteva su strada otto pattuglie nelle 24 ore, in più c’era l’Infortunistica. Il compito primario era quello di stare sulla strada e rilevare gli incidenti. Solo la presenza dell’uomo in divisa, non la tecnologia, rende sicura la strada. La tecnologia è utile solo per accertare infrazioni".

    Da queste pagine, un sentito "grazie" a questo grande Collega!
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